LA RINUNCIA ALLA ”LOTTA AMBIENTALISTA” A DIFESA DEL SUOLO IN VENETO



Di Dante Shiavon, associato a SEquS

In Veneto il rito “funebre” per la “scomparsa irreversibile” di “suolo agricolo” e “naturale”, in occasione della presentazione annuale del Rapporto Ispra sul consumo di suolo, viene accompagnato per alcuni giorni dal “bla bla” grossolano e propagandistico della partitocrazia di destra e dal “bla bla” forbito e accademico della partitocrazia di sinistra. Al “bla bla” sterile ed inefficace partecipa, suo malgrado, anche la “galassia ambientalista”, incapace di vedere l’essenziale e propulsiva funzione della “terra madre” nella molteplice produzione di servizi ecosistemici del suolo ed elemento “connettivo” di una “visione olistica” dell’ambiente nel ciclo del carbonio, nel ciclo dell’acqua, per la qualità dell’aria. L’immobilismo della “galassia ambientalista” resta impantanato nelle acque fangose della partitocrazia di sinistra, prigioniera di un “pessimismo della volontà” nel cercare di contrastare efficacemente un consumo “iperbolico” e “anticostituzionale” del suolo in Veneto, benedetto e garantito dalla vergognosa legge regionale che costituisce la “matrice politica, culturale, normativa, amministrativa” che istituzionalizza e legittima i singoli episodi di suolicidio e di albericidio. La “galassia ambientalista” dovrebbe invece cercare di trasformare la “compulsiva” e “disperata condivisione” sui social dello “sterminio dei prati” e le “singole” raccolte di firme contro “singoli” episodi di “suolicidio” o di “albericidio” in “lotta ambientalista” per dar vita ad una mobilitazione per chiedere:

attraverso un “referendum abrogativo”, l’abolizione delle 16 deroghe della legge regionale nr. 14 del 6 giugno 2017 dal titolo “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo”;

una “pianificazione urbanistica’ su base “intercomprensoriale e intercomunale” dei quantitativi di suolo consumabile da qui al 2050 senza “nessuna deroga” e il “riutilizzo funzionale” dell’immenso patrimonio edilizio esistente e in disuso visto che il Veneto è la regione con la maggiore superficie di edifici rispetto al numero di abitanti: 147 m2/ab (Ispra 2022).

La raccolta di firme va fatta per chiedere l’abolizione della “prassi amministrativa e urbanistica”, discendente dagli “asset derogatori” riassunti agli articoli 4, 11, 12, 13 della legge sul suolo della regione Veneto in quanto:

accentua e non mitiga gli effetti climalteranti negli habitat antropizzati e priva i cittadini veneti del diritto ad una vita sana;

va contro l’articolo 6 della legge n. 10 del 14 gennaio 2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani;

è in contrasto con i nuovi articoli della costituzione, all’art. 9 che “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni” e all’art. 41 quando si afferma che il “diritto all’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente”;

è in contrasto con l’art. 2 comma 1 lett. d) della legge regionale n.11 del 23/4/2004 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio” che prevede “l’utilizzo di nuove risorse territoriali solo quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente”;

è in palese contrasto con l’articolo 2 comma 1 lett. h) della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (effetto ossimoro): “gli interventi di rigenerazione urbana devono essere finalizzati alla sostenibilità ecologica e all’incremento della biodiversità in ambiente urbano” (in uno con la nuova versione dell’art.9 della Costituzione);

è in palese contrasto con l’art. 3 comma 3 lett. b) della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (effetto ossimoro): “sono obiettivi delle politiche territoriali individuare le funzioni ecosistemiche dei suoli anche in ambito urbano e periurbano”;

è in palese contrasto con l’art. 3 comma 3 lett. c) della stessa legge sul suolo della regione Veneto (effetto ossimoro): “promuovere e favorire l’utilizzo di pratiche agricole sostenibili, recuperando e valorizzando il terreno agricolo anche in ambito urbano e periurbano”;

è in palese contrasto con l’art. 3 comma 3 lett. g) della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (effetto ossimoro): “ripristinare il prevalente uso agrario degli ambiti a frammentazione territoriale, prevedendo il recupero dei manufatti storici e del paesaggio naturale agrario, il collegamento con i corridoi ecologici e ambientali”;

è in palese contrasto con l’art. 3 comma 3 lett. e) della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (effetto ossimoro): “valutare gli effetti degli interventi di trasformazione urbanistico-edilizia sulla salubrità dell’ambiente, con particolare riferimento alla qualità dell’aria e sul paesaggio inteso anche come elemento identitario delle comunità locali”;

è in palese contrasto con il comma 2 lett. a) e il comma 3 dell’art. 9 della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (effetto ossimoro): “la giunta regionale incentiva la valorizzazione del verde urbano, degli spazi urbani aperti, pubblici e privati, nonché per la realizzazione di boschi cittadini e interventi volti a favorire l’insediamento di attività agricola urbana e il ripristino delle colture beni terreni incolti, abbandonati e inutilizzati”.

In Veneto per salvare il suolo naturale rimasto indenne dalla cementificazione bisogna dimostrare “l’incompatibilità ambientale, climatica e costituzionale” della Legge Regionale nr. 14 del 6 giugno 2017 che, assecondando la lobby dei cementificatori, degli asfaltatori, dei cavatori, attraverso una manomissione fraudolenta del significato delle parole, delle premesse, dei principi, legittima con il passepartout della “deroga” e della “esenzione” tutti i casi di consumo di suolo.

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