A CORTINA VALUTAZIONI AMBIENTALI FANTASMA TRA VECCHIE E NUOVE PANDEMIE

di Dante Schiavon



La Valutazione Ambientale Strategica deve essere obbligatoria e “precedere” qualsiasi scelta politica e amministrativa: deve essere un “supporto decisionale” nella fase di “pianificazione e programmazione” ispirata al principio di “prevenzione” e di “precauzione” analizzando il territorio nel suo insieme e le molteplici relazioni ecosistemiche. La V.A.S. Valutazione Ambientale Strategica deve misurare nel “tempo geologico” e nello “spazio geologico” l’impatto cumulativo dei diversi interventi antropici previsti e della loro reciproca interazione e, come recita la sentenza del Cons. Stato, Sez. II, 12 aprile 2021, nr. 2941, “al fine di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente sì da rendere compatibile l’attività antropica con le condizioni di sviluppo sostenibile, va effettuata durante la fase di predisposizione del programma e della pianificazione, o comunque anteriormente all’approvazione del piano o programma, essendo preordinata a garantire che gli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione dei detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione definitiva”. A Cortina non è stato così. La Valutazione Ambientale deve essere un adempimento che precede la deliberazione politica e deve essere svolta “preventivamente” e in “autonomia dal committente/controllante” per valutare gli effetti diretti e indiretti sull’ambiente, quest’ultimo visto come un “sistema integrato di elementi interdipendenti”.

La V.A.S. avrebbe dovuto essere operazione preliminare alla decisione di candidare Cortina a luogo per ospitare le Olimpiadi e non un adempimento in itinere. La V.A.S., non ispirata al principio di “prevenzione” e “precauzione”, è quindi una inadempienza “politico-decisionale” e una inadempienza “tecnico-procedurale” che diventa, purtroppo, alibi per una “inadempienza democratica” perché il suo iter burocratico e formale suggella un procedimento deliberativo per niente democratico, come invece è stato per Calgary, Sion e Innsbruck dove la candidatura dei territori è stata sottoposta a referendum. Una. V.A.S. preventiva e precauzionale avrebbe potuto misurare l’impatto ambientale dei singoli interventi e delle loro interrelazioni. Se esaminiamo longitudinalmente l’impatto multiplo degli interventi propedeutici alle Olimpiadi 2026 da Longarone a Fiames, passando per la Val Boite e Cortina, emerge una devastazione rischiosa e incontrollata, idrogeologica e paesaggistica, con potenziali effetti calamitosi gravi: una marea di grigio che rovina per sempre in senso longitudinale un’area patrimonio dell’umanità e il territorio contiguo in una regione con l’11,87% di suolo consumato che sale al 18% al netto di montagne e superfici acquee. Non è un caso che le ultime Olimpiadi invernali, considerati i costosissimi standard logistici, in termini ambientali, richiesti dal C.I.O. si siano svolte in paesi che non si stanno misurando, per ora, con il “limite ecosistemico” nell’uso e nel consumo di suolo: Russia, Corea, Cina. Il Veneto è stato in zona rossa durante la pandemia da Covid-19, ma è in zona rossa da almeno dieci anni anche per un virus che ne sta cambiando i connotati geomorfologici: il “virus del cemento”. Se immaginiamo un gigantesco telone di 3 chilometri di larghezza per 70 chilometri di lunghezza che ricopra in verticale l’intera area coinvolta si ha un quadro d’insieme terrificante: a Cortina 30 ettari di superficie boschiva e 19 ettari di superficie a prato consumati per impianti, strade e piste, gallerie in Val Boite, tangenziale a San Vito, tangenziale a Cortina, tangenziale a Longarone, villaggio olimpico in Fiames, a cui si aggiunge l’idea folle della pista di bob. Manca una discussione e una progettualità sostenibile su come declinare economia e creare lavoro in montagna senza distruggere il bene più prezioso, quello che potrà mantenere inalterata nel tempo la capacità attrattiva della montagna. Purtroppo, vivendo nella virtuale “influencer-democracy” e subendo il pensiero partitico unico e i limiti sociologici e mediatici della democrazia rappresentativa, succede che i termini descrittivi dei fenomeni antropici e delle azioni umane sull’ambiente abbiano perso il loro endemico legame con il reale.

Schiavon Dante

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