Come faremo (e soprattutto quando) ad uscire da questa cecità collettiva?
1 gennaio 2023: E’ un primo dell’anno caldo, caldissimo per il periodo e praticamente in tutta Italia lo zero termico è fissato sopra quota 3.000 metri, come in estate e nelle stagioni più calde.

La neve si scioglie, il ghiaccio fonde e già si annunciano problemi per i mesi a venire per quanto riguarda le riserve d’acqua (che già questa estate erano prosciugate su gran parte delle Alpi con conseguenze gravissime per la pianura e i sistemi di approvvigionamenti idrici) se le cose non cambieranno rapidamente nelle prossime settimane.
Le montagne, però, sono prese d’assalto e migliaia di persone sciano su strisce di neve sparata, dove si può, o ”conservata” dall’ultima nevicata datata più di due settimane fa. Recarsi in quota, fa bene, e fa ancora meglio se diventa occasione di riflessione pensando a quale sarà il futuro di certi luoghi splendidi e più in generale quale sarà il futuro di tutti noi se proseguiremo su questa strada.
”Camminando nella nebbia che avvolge il sentiero di ritorno mi chiedo come faremo (e soprattutto quando) ad uscire da questa cecità collettiva”.
Nonostante i segnali drammatici che ci indicano in sincronia che l’ecosistema e il clima sono già oggi collassati senza possibilità di ritorno, gli hotel sono al completo per le prenotazioni degli sciatori, che di fatto sanno benissimo di anndare a sciare su serpentoni di neve sparata artificialmente, il che significa miliardi di litri di acqua sprecata nell’anno piu siccitoso dell storia e milioni di KWH di energia per produrla.
Qua a livello di presunta inconsapevolezza colpevole, siamo messi molto peggio dell’orchestra che suonava sul ponte del Titanic mentre il transatlantico affondava.
Se non torniamo a comportamenti responsabili e sobri, alla parsimonia anche delle azioni, delle scelte, difficilmente vi sarà un domani per chiunque.