Il Forum di Davos 2020: dopo 50 anni di menzogne mentre la nostra casa brucia.
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di Jacopo Rothenaisler
Sono ormai cinquant’anni. Nel 1973, per l’improvvisa e inaspettata interruzione del flusso dell’approvvigionamento di petrolio proveniente dalle nazioni appartenenti all’Opec, abbiamo toccato per la prima volta con mano la fragilità del sistema economico basato sul’energia da fonti fossili.
Tutti fummo personalmente coinvolti dalle necessità connesse alla prima crisi energetica. L’anno precedente, nel 1972, eravamo stati messi nella possibilità di conoscere i problemi che il sistema economico stava generando e le soluzioni praticabili dalla pubblicazione del libro The Limits to Growth – tradotto “I limiti dello sviluppo”, anche se Growth significa crescita – commissionato al MIT dal Club di Roma. Il libro analizzava il tasso di crescita della popolazione, dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse, ponendo l’accento sulla inderogabile necessità di modificare i tassi di sviluppo e giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica, sostenibile anche nel lontano futuro.
Per il grande pubblico fu una sorpresa. Non si sorpresero invece le grandi compagnie petrolifere, informate fin dagli Anni 60 – per studi da loro stesse commissionati – che l’incremento esponenziale delle emissioni di CO2, cominciato con la rivoluzione industriale e legato all’estrazione e allo sfruttamento dei combustibili fossili avrebbe determinato “cambiamenti significativi sul livello del mare, sulle correnti oceaniche, sui pattern delle precipitazioni, sulle temperature regionali e sul clima” e delle conseguenze “sull’ecosistema umano, sugli standard di vita e sulla disponibilità di cibo”, oltre che “sulla società, l’economia e la politica”.
Questi dati furono occultati a lungo, mentre i board di queste compagnie di fronte a dati che i loro stessi scienziati definivano catastrofici (come testimoniano i tanti documenti e le testimonianze in merito) misero in piedi campagne di disinformazione aventi per scopo la negazione dell’origine antropica dei cambiamenti climatici nonchè i cambiamenti climatici stessi.
L’enorme impegno finanziario investito in disinformazione e manipolazione ha generato, tra l’altro, il negazionismo, divenuto un elemento identitario della destra mondiale capace di eleggere governi e presidenti. Tra questi i più importanti sicuramente sono negli USA Donald Trump, in Brasile Jair Bolsonaro, in Australia Scott Morrison.
Le preoccupazioni legate all’elezione di questi personaggi sono ben espresse dalle parole pronunciate da Noam Chomsky all’indomani delle elezioni USA : “l’elezione di Donald Trump accelererà il riscaldamento globale e la “corsa al disastro” dell’umanità. Il partito repubblicano USA che lo ha designato è “la più pericolosa organizzazione nella storia mondiale”.
Dopo questi poco onorevoli cinquant’anni, nel Gennaio 2020, il Forum Economico Mondiale di Davos, che riunisce quelli che nell’ultimo mezzo secolo, con i sistemi ricordati, hanno determinato le scelte economiche (e quindi politiche) che stanno ponendo a rischio la nostra stessa sopravvivenza, mette al centro del dibattito annuale “i cambiamenti climatici”.
La scelta non è però determinata da un cambio di strategia, ma solo ed esclusivamente economica. Infatti, secondo l’ultimo report “Nature Risk Rising” prodotto proprio dal Forum economico mondiale di Davos i cinque principali fattori di rischio globale che minacciano, tra le altre cose, l’economia mondiale, sono tutti legati ai cambiamenti climatici.
I 5 fattori di rischio sono le condizioni meteorologiche estreme, il fallimento delle azioni per il clima, i disastri naturali, la perdita di biodiversità e i disastri naturali causati dall’uomo.
Così il cambiamento climatico, che secondo quei signori non esiste, mette a rischio il loro denaro, che assolutamente esiste. Non c’è da aspettarsi alcunchè: loro continueranno nel business as usual. Che le cose possano cambiare dipenderà da noi, e soltanto da noi.
Photo by Issy Bailey on Unsplash
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