G20 e Cop26: la fiera delle ipocrisie
Leggendo la bozza sulle decisioni finali della conferenza ONU sul clima è interessante analizzare quello che il documento dice, ma anche quello che NON dice, o meglio, tralascia di dire. Da un lato i grandi della Terra, peraltro arrivati lì con le loro numerose delegazioni su jet privati, vi riconoscono il problema e le cause (cioè umane) della deriva ambientale, ma al tempo stesso vi si usa un linguaggio troppo prudenziale, non da emergenza come quella in cui siamo realmente, linguaggio atto a rimandare le soluzioni, a non prendere decisioni definitive, né date certe, tanto meno veri impegni, e questo mi pare particolarmente irresponsabile quando ormai tutte le prove scientifiche dicono agli stessi attori della COP26 che è già adesso troppo tardi per agire.
Vi sono poi molte ipocrisie, come far finta di accordarsi sulla deforestazione proprio da chi scaccia gli indigeni dalla foresta amazzonica, promettere la messa al bando del carbone mentre se ne aprono nuove miniere, permettere riduzione di emissioni mentre ci si accorda per nuovi scambi commerciali e si tolgono dazi su alluminio e acciaio, per dirne alcune.
Ma il problema principale è l’ostinazione a omettere e a non voler risolvere la vera causa della catastrofe ambientale: ci si concentra soltanto sul mantenere lo status quo, gli stessi livelli di produzione, consumo e scambio di merci, ma soprattutto la stessa visione orientata alla crescita economica, al più declinata come falsamente sostenibile, il famoso sviluppo sostenibile che non esiste, e mai invece alla diminuzione della domanda dei prodotti e servizi inutili, e alla diminuzione assolta dei consumi energetici, negli efficientamenti.
Gli stessi artefici delle politiche basate sulla globalizzazione e sulla crescita infinita, politiche al più edulcorate dallo slogan della “transizione ecologica” ma che sono proprio le cause del collasso ambientale, sono gli stessi attori che ora dovrebbero traghettare il pianeta verso la salvezza: costoro, causa del problema, non potranno mai essere gli artefici della sua risoluzione.
La soluzione sarebbe invece, quei paesi che noi definiamo sottosviluppati, lasciarli in pace, togliere il nostro disturbo predatorio neocolonialista, e facilitare la loro transizione verso economie in equilibrio con la biosfera, che altro non possono essere che basate su modelli di sussistenza, autosufficienza, rurali, artigianali, dimenticandosi per sempre la crescita economica fine a se stessa, i commerci globali, l’estrattivismo compulsivo di risorse, l’industrializzazione e l’urbanizzazione come modelli virtuosi da perseguire; proprio gli errori che hanno portato l’Occidente sul baratro della sesta estinzione di massa che è alle porte.
Immagine in evidenza: Autore: mike langridge, mike langridge Copyright: 2008 mike langridge www.fotdmike.me.uk