GLI ALBERI NON SONO UNA MINACCIA.

La sentenza del 27 ottobre 2022 del Consiglio di Stato ci ha riportato una vicenda risolta positivamente riguardante la sorte di un albero in un primo tempo condannato a morte. Il sindaco di Pont Canavese (TO), la perizia agronomica da lui commissionata e  il comando forestale locale volevano, a marzo del 2020, fare la festa, ma  con la motosega,  ad un abete rosso secolare alto 29 metri presente in un giardino privato. L’ordinanza del sindaco  recitava: “pericolo imminente per la pubblica incolumità sulla viabilità pubblica e sull’ abitato circostante”. Il TAR bocciava il “ricorso” contro tale ordinanza comunale presentato dai proprietari del giardino in cui si trova l’abete secolare. Ma questi ultimi, supportati da un bravo avvocato e da competenti e indipendenti esperti forestali, facevano ricorso al Consiglio di Stato asserendo, in base a una loro perizia,  che “mancava e manca del tutto un grave pericolo che minacci l’incolumità pubblica e la  sicurezza urbana” e motivando il ricorso contro l’ordinanza del sindaco per “difetto di motivazione, eccesso di potere, travisamento ed erronea valutazione dei fatti presupposti”.

Il Consiglio di Stato, una volta interpellato dai ricorrenti, ordinava una perizia che sanciva come “i livelli di rischio sono al di sotto delle normali soglie di tolleranza ALARP(as low as reasonably possible) previste dai protocolli nazionali ed internazionali” e dichiarava l’ordinanza del comune “illegittima”.

I proprietari del giardino e dell’abete rosso secolare alto 29 metri, nonché il loro avvocato, il dottore forestale e l’agronomo  che li hanno assistiti, hanno vinto una battaglia di civiltà il cui esito non era per niente scontato per via dell’ignoranza e dell’abitudinario asservimento ad un superficiale e parziale  “concetto di sicurezza” che accompagna il rapporto degli umani con gli alberi. Un “concetto di sicurezza”  che invece può essere declinato, anche e soprattutto, attraverso la “cura”, il “rispetto”, la “gestione” e la “manutenzione” del territorio e dei suoi attori naturali come possono essere considerati gli alberi, non più visti solo come intralcio agli affari e alla cieca cementificazione. 

In occasione della giornata nazionale degli alberi non posso non andare, mestamente e tristemente, anche ad una riflessione amara che riguarda la sorte degli alberi e degli arbusti  che crescono lungo i corsi d’acqua e  la cui sorte negli ultimi tempi  sembra segnata. Infatti  la “vegetazione riparia” lungo i corsi d’acqua mai come oggi è  oggetto di un massacro scellerato e altrettanto ingiustificato come lo  era quello dell’abete rosso secolare. Per avere un’idea dei “servizi ecosistemici” che sopprimiamo e di quanta strada ci sia ancora da fare a livello di conoscenza e di consapevolezza sul valore ecosistemico degli alberi lungo i corsi d’acqua basta trascrivere le importanti funzioni svolte dalle “zone ripariali” elencate in Wikipedia:

“Dissipare l’energia dei corsi:  le curve sinuose di un fiume, combinate con la vegetazione e i sistemi delle radici dissipano l’energia del corso, risultando nella minore erosione dei suoli e in una riduzione dei danni delle inondazioni.

Intrappolare i sedimenti: ridurre la sospensione dei sedimenti crea meno acqua torbida, riempie i suoli e costruisce le rive dei corsi.

Filtrare gli inquinanti dal ruscellamento e accrescere la qualità dell’acqua attraverso la biofiltrazione.

Fornire habitat alla flora e alla fauna selvatiche, aumentare la biodiversità e il foraggio per la fauna selvatica e per il bestiame.

Fornire corridoi alla flora e fauna selvatiche: consentire agli organismi acquatici e ripariali di muoversi lungo i sistemi fluviali evitando le comunità isolate.

Fornire irrigazione al paesaggio originario estendendo i flussi di acqua stagionali o perenni.”(Da Vikipedia)

Se gli alberi sono sani e svolgono “gratis” innumerevoli servizi ecosistemici per noi umani non devono essere abbattuti. Certo, non li dobbiamo capitozzare, scortecciare, potare malamente o far venire meno le condizioni biochimiche e mineralogiche  del terreno su cui crescono. Il cosiddetto  “rischio zero” della caduta di un qualsiasi albero non esiste e viene ribadito anche nella sentenza del Consiglio di Stato  che però ribadisce, altrettanto chiaramente, che deve esserci un rischio reale, concreto, documentato e non frutto di un pregiudizio sulla sicurezza.  Forse, dovrebbe farci riflettere di più una statistica pubblicata in occasione della giornata mondiale del ricordo delle vittime della strada secondo cui in Italia ogni giorno 8 persone muoiono sulla strada, ma non per questo rinunciamo a muoverci con l’auto. Bisogna aumentare il nostro impegno per la ”conservazione in buona salute” degli alberi che quasi sempre si traduce in benessere per tutti noi, relativizzando il concetto di sicurezza  a cui, senza esitare un secondo, troppo di frequente pieghiamo la decisione di abbattere gli alberi.

Schiavon Dante, associato SEquS

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Condividi!

Condividi questo contenuto!