IL DOGMA DELLA CRESCITA VACILLA

Il dogma che da mezzo secolo – dalla pubblicazione nel 1972 del libro I limiti della crescita (commissionato al MIT dal Club di Roma) – ha impedito di adottare le misure politiche necessarie a ridurre la crisi ecologica, comincia a incrinarsi.

A incrinarlo, per ora soltanto a livello teorico, è stata l’AGENZIA EUROPEA DELL’ AMBIENTE (EEA: European Environment Agency) con un documento pubblicato l’11 gennaio 2021, intitolato Crescita senza crescita economica, il cui carattere dirompente è stato evidenziato dal totale silenzio che gli hanno riservato i mezzi di comunicazione di massa.

In questo documento si sostiene, per la prima volta da parte di un’istituzione pubblica, per di più internazionale, che: «Potrebbe non essere possibile un disaccoppiamento completo tra crescita economica e consumo di risorse». La cautela verbale adottata, e l’omissione di citare anche la non possibilità di un disaccoppiamento completo tra la crescita economica e le emissioni di sostanze di scarto non metabolizzabili dai cicli biochimici, non riescono ad attenuare la portata di questa affermazione. Che del resto viene rafforzata da un’affermazione successiva non meno dirompente. «L’economia della ciambella, la post- crescita e la decrescita sono alternative alle concezioni tradizionali di crescita economica che offrono preziose intuizioni».

Le Alternative

Dunque le alternative al dogma, da cui trarre indicazioni, ci sono; sono conosciute, non fosse altro perché sbeffeggiate ed esorcizzate in continuazione dai paladini della crescita; non sono semplici critiche, ma alternative che non si limitano all’ambito delle soluzioni tecnologiche, ma si estendono al paradigma culturale e al sistema dei valori su cui si fonda l’economia della crescita.

I dubbi espressi nel documento sulla possibilità di disaccoppiare la crescita economica dal consumo delle risorse, su cui si fondano le proposte sostenute dal New Deal europeo e gli obbiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goals, SDG), si basano sul confronto tra la crescita delle emissioni di gas climalteranti, del consumo di materiali e del PIL dal 1970 al 2019, da cui risulta che «A livello globale la crescita non è stata disgiunta dal consumo di risorse e dalle pressioni ambientali ed è improbabile che lo diventi. L’impronta materiale globale, il prodotto interno lordo (PIL) e le emissioni di gas serra sono aumentate rapidamente nel tempo e sono fortemente correlate».

Anche se tra il 1995 e la metà degli anni 2010 alcune forme di inquinamento, in alcuni Paesi dell’UE si sono ridotte, questi risultati sono associati a una combinazione di fattori, tra cui «l’esternalizzazione di quote significative di attività ad alta intensità energetica in Paesi non UE e la finanziarizzazione delle economie dell’UE. Un’assoluta riduzione delle pressioni e degli impatti ambientali richiederebbe trasformazioni fondamentali verso un tipo differente di economia e di società, invece di guadagni incrementali di efficienza all’interno degli attuali sistemi di produzione e consumo». La crescita dell’efficienza con cui si utilizzano le risorse e lo sviluppo delle tecnologie ambientali non sono sufficienti a ridurre la crisi ecologica se si continua a finalizzare l’economia alla crescita della produzione di merci.

Gli Imbrogli

Un esempio emblematico smascherato nel documento è il bluff dell’economia circolare, su cui sono state suscitate aspettative insensate di riduzione dell’impronta ecologica e si sono costruite professionalità fondate sul nulla. Concettualmente l’economia circolare consiste nella valorizzazione di una buona pratica: il recupero e la riutilizzazione dei materiali contenuti negli oggetti dismessi per produrre altri oggetti. Tuttavia non è ipotizzabile che in questo modo si possa ridurre il consumo di materie prime in maniera talmente importante da rendere ecocompatibile la crescita economica.

Anche ammettendo, per assurdo, che i materiali contenuti negli oggetti dismessi si possano recuperare al 100 per cento, se l’economia continua a crescere, ogni anno avrà bisogno di più materiali di quanti ne sono stati recuperati nell’anno precedente. Inoltre, il recupero dei materiali non solo non recupera l’energia che è stata necessaria per trasformarli in beni, ma comporta un ulteriore consumo energetico.

Come si sia potuto credere di poter avviare in questo modo una sorta di moto perpetuo economico e produttivo a ridotto impatto ambientale, è difficile da capire, soprattutto se si guardano i dati del riciclaggio dei materiali, riportati dal documento. Nel 2019 è stato riciclato solo il 12 per cento dell’input di materiali. «Date le attuali tecnologie di progettazione dei prodotti e di gestione dei rifiuti, i tassi di riciclaggio di materiali come plastica, carta, vetro e metalli possono e dovrebbero essere notevolmente aumentati in linea con le ambizioni politiche della UE. Tuttavia, nel complesso, il materiale riciclabile rimane una parte esigua della produzione di materiale». A quali penose umiliazioni dell’intelligenza costringe la fede nel dogma della crescita!

Gli estensori del documento sanno che non sarà facile liberarsene, perché «Storicamente gli Stati moderni hanno abbracciato il pensiero economico incentrato sulla crescita economica e concettualizzato i problemi sociali e ambientali come esternalità. Di conseguenza, la crescita è radicata culturalmente, politicamente e istituzionalmente. In tutto il mondo la legittimità dei governi non può essere separata dalla loro capacità di generare crescita economica e fornire occupazione».

Nuovi Paradigmi

Nonostante ciò, l’aggravamento della crisi ecologica testimoniato drammaticamente dalla pandemia in corso da più di un anno, ha cominciato a far emergere gli elementi di una cultura alternativa, che si manifesta in due modi interrelati tra loro.

Da una parte aumentano le persone che fanno scelte di vita basate sulla semplicità volontaria, sul rifiuto del consumismo e sulla riscoperta della dimensione spirituale, riallacciandosi a tradizioni molto antiche presenti sia nella cultura occidentale, sia nella cultura orientale. «Esiste – si legge nel documento – una serie di comunità religiose, spirituali e laiche, che sono meno materialiste, consumano meno e cercano stili di vita più semplici di quelli della società tradizionale». (qui sarebbe stato meglio parlare di società moderna, ndr). I referenti teorici di questi gruppi sono quei movimenti culturali, come la decrescita, la post- crescita, o l’economia della ciambella, che stanno elaborando un paradigma culturale alternativo a quello che ha finalizzato l’economia alla crescita della produzione di merci e, anche quando ne percepisce le conseguenze negative sugli ecosistemi, non sa pensare ad altro che ad una crescita di carattere diverso, a una crescita qualitativa, a un nuovo modello di sviluppo, a uno sviluppo sostenibile.Eppure, come sottolinea il documento Crescita senza crescita economica, i valori fondamentali dell’Europa non sono materialistici. «I valori fondamentali dell’UE sono la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto, e non possono essere ridotti o sostituiti da un aumento del PIL. Se ci sono limiti alla crescita economica e alla traiettoria attuale (es. “Piano A”), il piano B per raggiungere la sostenibilità consiste nell’innovazione degli stili di vita, nella costituzione di comunità e società che consumano meno, ma tuttavia sono attraenti per tutti e non solo per gli individui con un interesse spirituale o ideologico».

«Mentre il pianeta è finito nel suo senso biofisico, può essere possibile una crescita infinita dei valori esistenziali umani, come la bellezza, l’amore, la gentilezza, così come nell’etica. La società sta attualmente sperimentando dei limiti alla crescita perché è vincolata a definire la crescita in termini di attività economiche e di consumi materiali».

La sfida per uscire da una crisi ecologica che ha superato i limiti della sostenibilità ambientale e sta minacciando la sopravvivenza stessa della specie umana, consisterà nella capacità di tradurre le proposte di un’economia non finalizzata alla crescita e i valori dei gruppi che stanno sperimentando stili di vita non consumisti, in progetti politici efficaci e condivisi.

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