La decrescita è fumosa? Risposta al direttore de La Stampa
In tempi di Coronavirus, una consolazione di questi giorni è stata la ricorrenza del 25 aprile, cioè della Liberazione dal nazifascismo. Per liberarci del virus, invece, ci vorranno ancora molti sacrifici e tanta pazienza. Il Male sarà definitivamente sconfitto anche questa volta? Ma il Male di oggi è davvero il Covid-19? C’è chi la pensa in maniera diametralmente opposta.
In pieno boom economico, Pasolini aveva già identificato il consumismo come il nuovo fascismo1. I giornali di oggi, al contrario, non smettono di fare riferimento a PIL, crescita, produzione e consumi (c’è chi ha già richiesto contributi a fondo perduto per fare ripartire l’industria automobilistica messa in ginocchio – come tutti gli altri settori – dall’emergenza sanitaria).
In particolare, proprio nel 75° anniversario della Liberazione, il nuovo direttore de La Stampa Massimo Giannini ha esordito con un editoriale che esorta politici e cittadini a stringere la presa sulle conquiste ottenute dal secondo dopoguerra, che, poi, significa benessere o tanto-avere misurati in PIL e consumi, ancora una volta parole chiave del suo intervento, insieme a “capitalismo”, “imperialismo” e “globalizzazione” che se “ha affrancato dalla fame i derelitti dell’emisfero Sud, ha proletarizzato i ceti medi dell’emisfero Nord”, ma che, comunque, c’è ancora il tempo e la speranza di correggere. Guai a rispondere a questa crisi, facendoci ammaliare da paradigmi emergenti come quello, pericolosissimo, della “decrescita”! Del resto, cosa ci si può aspettare da un giornale controllato (come gli altri del gruppo GEDI2) dalla famiglia Elkann-Agnelli che ha bisogno di tornare a vendere automobili in tutto il mondo? (Sebbene, lo stesso giorno, sia stato ospitato un commento di Carlo Petrini che prova a rimettere in discussione il nostro modello produttivo – probabilmente il suo stile mite e ed edulcorato, e il suo nutrito seguito, sono ben accetti alla proprietà).
La tecnica ci ha tradito davanti al Virus – scrive Giannini -, ma è pur sempre la tecnologia l’unica arma per sconfiggere il Male, anche se gli si potrebbe far notare che la stessa FCA è stata l’ultima casa automobilistica a produrre un veicolo elettrico, cioè ad evolversi tecnologicamente.
Anche a Torino, però, c’è chi da tempo prova a seguire una direzione opposta a quella indicata dai padroni della città o chi ha preso sul serio, sin da subito, gli avvertimenti degli “intellettuali di una volta” come Pier Paolo Pasolini. Uno spaccato di società, sempre più consistente, formato da associazioni, movimenti, liberi cittadini e pensatori, di giornali e “fogli” indipendenti, che denuncia, al contrario, i danni sociali e ambientali provocati dal nostro cosiddetto modello di sviluppo, e che si sente ancora più forte grazie a tutti quei giovani che sono scesi in piazza3 preoccupati dalla concreta eventualità di avere ancora poco tempo a disposizione su questo pianeta gravemente ammalato, per sé e per i propri figli.
C’è chi non si fida più della facciata di “sinistra” – plasmata dal suo padre fondatore – dell’altro grande quotidiano finito nelle mani degli Agnelli, cioè la Repubblica. Chi, cioè, non si accontenta più della retorica sui diritti civili, sulle pari opportunità, sull’accettazione del “diverso” o dello “straniero”, sull’ideale europeo da salvare dall’ondata sovranista, senza che venga messo in discussione un sistema che si ritiene la causa delle profonde disuguaglianze planetarie e della crisi ambientale prossima all’irreversibilità.
Seppur condizionati dagli interessi delle proprietà a cui devono rispondere, forse i vari Giannini – che contribuiscono a creare un’opinione pubblica in questo Paese – dovrebbero almeno sforzarsi di ascoltare queste voci, di comprendere perché, da più parti, si spera di “non tornare come prima”, di rompere con le con le attuali sovrastrutture economico-sociali; basterebbe proprio leggere i dati, i numeri, le statistiche, i report della signora Scienza – protagonista degli editoriali di giornalisti come Giannini – che ci hanno avvertito già da tempo come quanto il nostro modello di sviluppo ci stia conducendo verso il baratro4.
Anche Stampa e Repubblica non hanno esitato a salire sul carro di Greta, assurta a icona globale delle masse giovanili (e non solo), ma certo si guardano bene dall’approfondire quelle che sarebbero le applicazione pratiche del suo messaggio: riconversione energetica totale, sostegno all’autoproduzione locale, diffusione della mobilità dolce e di stili di alimentazione sana, stop all’estrazionismo, all’allevamento intensivo, all’obsolescenza programmata, rinuncia a grandi opere considerate inutili come il nostro TAV, ecc. Del resto, “Sviluppo Sostenibile” e “Economia Circolare”, sempre più richiamati negli ultimi anni, sembrano più degli slogan che altro. Lo “sviluppo sostenibile”, infatti, si rivela un ossimoro se si continua a considerare “sviluppo” quello dell’economia delle merci; mentre agli esempi di “economia circolare” si aggrappano, guarda caso, i grandi inserzionisti dei principali giornali nostrani che non ci stanno proprio a ragionare, semmai, su una drastica riduzione delle merci.
Eppure, al giorno d’oggi, qualsiasi bambino di una scuola elementare ha già compreso che viviamo su un pianeta di risorse limitate, presto destinato a collassare se si continuano ad accumulare rifiuti al ritmo degli ultimi quarant’anni…
Gaetano Farina da Torino
(cell. 340.3457082)
per
Sostenibilità Equità Solidarietà,
circolo di Torino “Piero Gobetti”
sequstorino.wordpress.com
facebook.com/sequs.torino
sostenibilitaequitasolidarieta.it
1Pasolini sul sistema consumistico https://thevision.com/cultura/consumi-societa-pasolini/
2Il nuovo assetto del gruppo Gedi https://www.lastampa.it/economia/2020/04/24/news/editoria-nasce-la-nuova-gedi-al-vertice-elkann-e-scanavino-1.38754265
3Ci si riferisce, in particolare, al movimento Fridays for Future https://www.lastampa.it/torino/2019/12/21/news/il-prossimo-agosto-torino-ospitera-il-raduno-internazionale-dei-fridays-for-future-1.38241894
4Il più recente report scientifico sul clima (pubblicato dal Breakthrough National Center for Climate Restoration di Melbourne) afferma che, molto probabilmente, la civiltà umana avrà fine nel 2050!, mezzo secolo prima di quanto hanno previsto le stime più ottimistiche. Anche affidandoci agli studi dell’IPCC, l’agenzia incaricata dall’ONU – considerata dalla gran parte della comunità accademica eccessivamente ottimista -, lo scenario (apocalittico), sostanzialmente, non varia, una volta che supereremo i 2 gradi di aumento della temperatura globale.