Le destre non sono meno progressiste e innovatrici delle sinistre.
tratto dal libro di Maurizio Pallante, Sostenibilità Equità Solidarietà, Lindau editore 2018
L’austriaco naturalizzato britannico Friedrich A. von Hayek (1899 – 1992), che viene unanimemente considerato il maggior teorico liberale del XX secolo, avversario irriducibile di John Maynard Keynes e della sua proposta di ricorrere alla spesa pubblica in deficit per superare le crisi di sovrapproduzione, scrisse nel 1960 un saggio intitolato Perché non sono un conservatore.[1] In questo testo il liberalismo viene presentato come una filosofia politica progressista, alternativa sia al conservatorismo, che si appiglia al passato perché ha paura dell’ignoto veicolato dal nuovo, sia al socialismo, che pretende di imporre le innovazioni in base a un progetto elaborato politicamente invece di lasciare alle dinamiche del mercato il compito di definirle. Ma la polemica, come si evince già dal titolo, è rivolta soprattutto nei confronti dei conservatori, fino a esprimere il dubbio che possa persino esistere una filosofia politica conservatrice.
In quel saggio von Hayek scrive: «Come spesso hanno riconosciuto gli scrittori conservatori, uno dei tratti fondamentali dell’atteggiamento conservatore è il timore del cambiamento, una timida sfiducia nel nuovo in quanto tale, mentre la posizione liberale si basa sul coraggio e la fiducia, sull’esser pronti a lasciare andare le cose per il loro verso, anche se non possiamo prevedere dove ci porteranno».[2]
«I conservatori istintivamente sentono che sono le nuove idee, più di qualsiasi altra cosa, a provocare i cambiamenti. Ma, con ragione dal loro punto di vista, temono le idee nuove […] e, con la loro sfiducia nelle teorie e la loro mancanza d’immaginazione per tutto, eccetto quel che l’esperienza ha già dimostrato, si privano di una delle armi necessarie nella lotta delle idee. Diversamente dal liberalismo, caratterizzato dalla fondamentale credenza nel potere a lungo termine delle idee, il conservatorismo è vincolato dal bagaglio di idee ereditate in un dato momento».[3]
«Quieta non movere può, a volte, essere una saggia massima per gli uomini di Stato, ma non può soddisfare il filosofo politico. […] le sue speranze debbono poggiare sulla sua capacità di persuadere e di conquistarsi l’appoggio di quanti per tendenza sono “progressisti”, di quanti pur cercando oggi il progresso nella direzione sbagliata, siano almeno pronti a esaminare in modo critico la direzione attuale e a cambiarla se necessario».[4] Evidentemente era convinto che l’interprete più autentica dell’ideologia progressista fosse la destra liberale, alla quale assegnava anche il compito di condurre sulle sue posizioni coloro che si proponevano di sostenere in modi meno efficaci il progresso dell’umanità verso il meglio. Se dall’ambito delle idee si scende a quello delle scelte politiche ed economiche, sono le destre liberali – i sostenitori dell’economia di mercato e il gotha dell’industria e della finanza – a offrire il sostegno più forte all’ideologia progressista. Un sostegno che assume le connotazioni di una professione di fede e impegna consistenti disponibilità finanziarie in una sistematica attività di proselitismo. Intervistato il 14 aprile 2016 in occasione della presentazione al Capo dello Stato della nuova Fondazione Agnelli, dedicata a suo nonno Gianni Agnelli, il presidente della Fca, ex Fiat, John Elkann, ha detto: «Ci avviamo a celebrare i 150 anni della nascita del senatore Giovanni Agnelli (il nonno di suo nonno, ndr.) che era un grande innovatore: oggi lo si definirebbe un disruptor per la sua capacità di portare cambiamenti. Dedicò gran parte della sua vita d’imprenditore all’innovazione e al progresso. Era convinto che bisognasse “costruire il futuro”, senza aver paura del nuovo, ma al contrario cogliendo le possibilità offerte dalla tecnologia. Cinquanta anni fa, per ricordare proprio la nascita del senatore, mio nonno creò la Fondazione Agnelli, per contribuire al progresso della società italiana […]». E alla domanda su quale sia oggi la nuova sfida da affrontare, ha risposto: «La sfida è di aprire nuove prospettive, sempre nello spirito di Giovanni Agnelli, uno dei più grandi innovatori che l’Italia ha avuto. Ho passato molto tempo a studiare le nuove realtà della Silicon Valley e come sono nate. Altri poli dell’innovazione sono sorti in Israele, Cina e in Europa, dove si sono formati ecosistemi (sic) a cui partecipano Università, grandi imprese, investitori e istituzioni, uniti per sostenere la creazione di nuove imprese innovative».[5] Melius abundare quam deficere, o repetita iuvant, avrebbero detto gli antichi romani
[1] Il saggio fu pubblicato come poscritto al libro The Constitution of Liberty (ed. it. La società libera, Vallecchi, Firenze 1969). La traduzione italiana del testo è stata ripubblicata in un volumetto a sé da Ideazione Editrice, Roma 1997. Le sottolineature alle citazioni sono mie.
[2] Friedrich A. von Hayek, Perché non sono un conservatore, Ideazione Editrice, Roma 1997, pag. 33.
[3] Ibidem, pag. 41.
[4] Ibidem, pag. 54.
[5] Maurizio Molinari, Qui costruiremo il futuro partendo dall’innovazione, intervista a John Elkann (presidente Fca e vicepresidente della Fondazione Agnelli), La Stampa, 14 aprile 2016, pag. 11. Le sottolineature sono mie.