L’estrema destra che vince attaccando l’ambientalismo, «lusso borghese che impoverisce il popolo»



di ALESSANDRO TROCINO – Corriere della Sera (Guardian, Repubblica)

Tra i cavalli di battaglia dell’estrema destra ci sono storicamente il rispetto della tradizione intesa in senso reazionario, il patriottismo ultra sovranista, il liberismo sfrenato (e quindi il mercatismo e le campagne contro le tasse progressive e contro le tasse tout court), l’anticomunismo viscerale, l’anti universalismo che sfocia in xenofobia e razzismo, la difesa dell’ordine costituito (con annesse derive securitarie), una religiosità retriva e clericale, l’amore per la famiglia tradizionale. La vecchia triade «Dio, patria e famiglia», con tutti i derivati, è spesso coniugata con una concezione della libertà molto particolare. Certo liberalismo di destra, specie nella variante populista, finisce infatti per essere individualismo radicale e libertà da tutto: dalle regole, dallo Stato, dai correttivi agli squilibri socio-economici, dai vaccini, dagli scienziati. L’ultima variante, che risulta vincente per l’estrema destra, è la lotta feroce contro l’ambientalismo. Il negazionismo climatico sembrava quasi superato, travolto dalle piene, dalle siccità, dalle tragedie, e invece è riemerso prepotente. E in tutta Europa, dove gli ambientalisti hanno provato ad alzare la testa, sono stati travolti dalla destra, che ha gioco facile nel ridicolizzarli, nell’additarli a élite, nel trasformarli in un pericolo pubblico e imminente per le finanze e il benessere del «popolo».

Scrive George Monbiot sul Guardian che «anche il più innocente tentativo di ridurre l’impatto sull’uomo viene presentato come una cospirazione per limitare le nostre libertà. Tutto viene contestato: i quartieri a basso traffico, le città da 15 minuti, le pompe di calore, persino i piani cottura a induzione». Potremmo aggiungere le piste ciclabili, i suv, la carne coltivata, lo stop agli allevamenti intensivi, le auto elettriche e molto ancora. Monbiot descrive così il circolo vizioso dei migranti: la destra nega il cambiamento climatico, alimentando politiche che impoveriscono terre già disastrate, individua i migranti come capri espiatori, poi l’odio per i rifugiati diventa un carburante politico per gli stessi che hanno alimentato le disparità e negato il cambiamento climatico.

C’è un tornaconto economico, dice Monbiot: «Le politiche di destra e di estrema destra sono il muro difensivo eretto dagli oligarchi per proteggere i loro interessi economici. Per conto dei loro finanziatori, i legislatori del Texas stanno conducendo una guerra alle energie rinnovabili, mentre una proposta di legge in Ohio elenca le politiche climatiche come “convinzioni o politiche controverse” che le università non possono “inculcare” ai loro studenti».

C’è poi il caso della Florida. Ron DeSantis sta costruendo la sua candidatura alla presidenza sulla base della negazione del clima. Su Fox News ha denunciato la scienza del clima come «politicizzazione del meteo». In patria ha approvato una legge che obbliga le città a continuare a usare i combustibili fossili: «Ha tagliato le tasse, compresa l’imposta per la prevenzione dei disastri, minando la capacità della Florida di rispondere alle crisi ambientali. Ma la destra estrema si nutre di catastrofi, e ancora una volta si ha la sensazione che difficilmente possa perdere».

Anche Tonia Mastrobuoni ha studiato il fenomeno su Repubblica, concentrandosi sull’Europa. Scoprendo come davvero la destra tragga vantaggio da posizioni radicalmente anti ambientali. In Germania, per esempio, l’Afd è diventato il terzo partito «attaccando senza sosta i Verdi al governo: sulla fine del motore a scoppio, sull’uscita dal nucleare e le fonti rinnovabili, sulla legge che punta a sostituire gli impianti di riscaldamento alimentati a gas o carbone, su tutto». Per uno dei leader, Tino Chrupalla, «i cittadini possono vedere benissimo a cosa conducono le politiche dei Verdi: alla guerra economica, all’inflazione e alla deindustrializzazione”»

La tesi, spiega Mastrobuoni, è che il rispetto dell’ambiente è «un lusso da borghesia urbana», da élite che non tiene conto dei reali problemi delle persone. In chiave alimentare, si può tradurre con il fastidio per il fighettismo bio dei borghesi da ztl, a vantaggio di consumatori da discount di surgelati, scatolette zeppe di conservanti e additivi, di cibo prodotto con sfruttamento intensivo di suoli e animali, ma economico (e quindi, con un corto circuito, difeso a destra ma anche dalla sinistra più «popolare»).

Tornando alla destra europea, i post franchisti guidati da Santiago Abascal conducono una campagna permanente contro l’«élite ambientalista». Il deputato Francisco Josè Carreras ha spiegato che il riscaldamento globale tutto sommato non è una cattiva notizia, perché «ridurrà la mortalità dovuta al freddo». L’estrema destra svedese si è contraddistinta per gli attacchi alle fonti rinnovabili. E in Austria la Fpoe è in cima ai sondaggi con politiche molto critiche sull’ambientalismo. Quanto all’Italia, abbiamo visto le posizioni sulle auto elettriche, sulle caldaie ecologiche previste dall’Europa e su molti altri temi ambientali.

Insomma, la destra sembra avere una nuova arma vincente. Accusare i nemici di far parte di un’élite radical chic, di una piccola borghesia che vuole godersi i privilegi e togliersi degli sfizi ai danni del popolo, vessato e impoverito, costretto a pagare il progresso sostenibile, quando potrebbe serenamente vivere nello smog, immerso nel fumo dei diesel, all’ombra delle ciminiere, godendosi il calduccio del riscaldamento climatico (tanto, se l’afa esagera, si può sempre accendere l’aria condizionata o spostarsi al mare).

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