No… acqua!
“No, acqua!” Queste sono le ultime parole pronunciate nel film “ Siccità”, sono dette da un
ragazzo di ventidue anni africano, profugo in cerca d’asilo, rispondendo alla semplice
domanda: “sopra la pizza cosa vuoi coca cola o acqua?” postagli da un disperato Max
Tortora nei panni di un commerciante fallito a causa di una catastrofica siccità dovuta al
cambiamento climatico, provocato dal dissennato comportamento umano che presto ci
condurrà all’estinzione di massa.
Un’opera singolare, cupamente visionaria e contemporanea, che riflette sulle solitudini
umane e sulla crisi energetica. Scritto, insieme a Francesca Archibugi, da Paolo Virzi che
firma anche la regia, il film è un profondo lucido e derilante affresco del malessere
collettivo, vivo e pulsante sullo sfondo di una Roma post apocalittica, arida, secca e invasa
da scarafaggi. Uno spaccato di umanità, di miserie, di fragilità, di egoismi, di manifesta
impotenza. Film pensato e costruito come un racconto corale, dove le storie si intrecciano,
parlano di amori finiti, di tradimenti, di pentimenti, di codardie, di passati fantasmi, che
inseguono e affiancano la folle corsa dei personaggi. Sogni e febbrili sonni che,
doppiamente e colpevolmente incoscienti, (il sonno della ragione) conducono
inesorlabilmente alla morte sotto forma di pandemia virale.
La ricerca affannosa di rapporti e relazioni per tentare una redenzione possibile si
interrompe ad un tratto, senza dare nessuna risposta consolatoria.
La siccità non è solo esclusivamente un fattore climatico allarmante, registrato
scientificamente e raccontato mirabilmente. Nel letto del Tevere ormai prosciugato, oltre a
una infinita distesa di detriti, di rifiuti umani, sono emersi simbolicamene i resti del colosso
bronzeo di Nerone, mentre si materializza l’icona di un perenne San Giuseppe che, se pur
stanco, trascina ostinato il suo asino con Maria gravida, anch’essi alla ricerca di una fonte in
cui dissetarsi.
La siccità, da molto tempo, ha inaridito e reso sterile l’animo umano. Ma da disperati
assetati, abbiamo bisogno di un sorso di umanissima speranza, anche una sola goccia puo
bastare per innescare il diluvio catartico necessario.
Ecco che si compie il miracolo finale… è sera, inaspettata arriva la pioggia tanto agognata. Il
nostro commerciante fallito, accecato dalla rabbia, dall’odio, dall’invidia, cerca di uccidere
il ragazzo extracomunitario. Si ritrovano nella scena finale al riparo nella macchina ridotta
ad abitazione, a fissarsi negli occhi, a raccontarsi, a incontrarsi nella disperazione, a
condividere emozioni.
Infinita compassione, solidarietà… La forza, il coraggio e la dignità della resa di tutti gli
sconfitti, l’umiltà e la grandezza nel chiedere perdono. E di saper perdonare.
Desiderio purissimo è manifestare amore universale di fratellanza.
L’immensità del dono anche se fosse soltanto…soltanto un sorso d’acqua.
di Lorenzo Raspanti, associato SEquS e membro del direttivo nazionale