Non c’è notte che non anela la sua alba


In gran parte migrano a cuasa della povertà arrecata dallo sfruttamento e dalle ruberie del
mondo che si autodefinisce avanzato, civile, etico, democratico, libero. Dove il consumismo, lo
sviluppo illimitato ora mascherato da falso ambientalismo ( sviluppo sostenibile), la dittatura
del PIL della crescita economica illimitata, il falso benessere prodotto dal sistema della
produzione industriale è la principale causa delle catastrofi ambientali generate dal
cambiamento climatico il cui prezzo maggiore, viene pagato sempre dai cosidetti paesi poveri.
Fuggono dalle guerre causate ed alimentate dall’acaparramento e dallo sfruttamento delle
risorse naturali. Le migrazioni, da molti accettate come ineludibili e necessarie a sostenere il
mondo occidentale,( basso tasso di natalità, mancanza di forza lavoro) per quanto possa
sembrare paradossale contribuiscono a generare migrazioni. In questa logica perversa Il
cerchio malefico per chiudersi bene ha bisogno di un pò di assuefazione, indifferenza, fatalismo,
egoismo, peloso e ipocrito buonismo, in una sola parola di una discreta quantità di disumanità.
Il colonialismo non è mai finito. L’Europa che allora con la schiavitù, ora con le leggi sulla
migrazione ha dovuto e deve disumanizzare non solo gli schiavi/migranti ma anche se stessa.
Se tu non senti la pena degli altri, non meriti di essere chiamato uomo.
I migranti non sono la causa della crisi dell’occidente. Semmai sono le nostre politiche di
rapina e di sfruttamento ad avere aggravato le condizioni di povertà che causano le migrazioni.
Cittadini del mondo abitanti temporanei della terra…Nessuno è straniero nessuno è
clandestino.
Ho provato immenso dolore, ho partecipato anch’io alla manifestazione in memoria del
naufragio di Cutro. Dopo l’assordante e gelante minuto di silenzio e il rituale applauso avrei
avuto voglia di urlare, ma ho preferito il silenzio.
E alla fine un fragoroso interminabile dirompente applauso…Lo spettacolo è finito, si torna a
casa soddisfatti per aver partecipato a qualcosa di giusto e importante, ci siamo persino
emozionati. Battiamo le mani per trattenere le lacrime o meglio per non ascoltare le urla che
scassano i polmoni prima che questi si riempiano d’acqua salata; l’applauso è cosi potente da
non sentire nessun grido, nessun lamento dei condannati a morte colpevoli solo d’essere
disperati di speranza, rei di essere nati nel posto sbagliato, ormai resi larve, derelitti affamati di
fame di pace, assetati di sete e di giustizia. Stanno abbandonando il relitto della propria
esistenza, ancora aggrappati con le unghia luride e gli occhi sgranati al legno marcio di una
croce galleggiante.
Un unico applauso per rompere il fragoroso silenzio delle nostre aride anime, a scrostare dai
fallimenti e dall’apparente impotenza le nostre coscienze.
Un unico applauso che provi a svegliare un Dio apparentemente distratto o il demone scimmia
dormiente che alita nel nostro orecchio sordo.
Un unico applauso che sbricioli le mura e le torri di difesa lungo i confini illusori della nostra
terra, del nostro orto, del nostro pezzente vestito di perbenismo, che ci siamo cuciti addosso. Un
unico applauso cosi potente da far impetrare il mare, che continuiamo a lordare a insaponare di
liscìa di carne putrida umana.
Un unico applauso basta a seppellire un ricordo, un istante, per diventare nulla nel niente.
Non arrendiamoci, raccogliamo le nostre anime, il nostro silenzio, la nostra indignazione.
Raccogliamo i relitti abbandonati, gli sfraceli di questo immane naufragio di umanità. E’ il
tempo del cordoglio, della solidarietà, ma spetta a ciascuno di noi placare la tempesta che
abbiamo fomentato, non c’è notte che non anela la sua alba.

Di Lorenzo Raspanti, Associato e membro del Direttivo di SEquS.

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