Raddrizzare il timone e definire di nuovo la rotta
[et_pb_section fb_built=”1″ _builder_version=”4.9.6″ _module_preset=”default” width=”100%” custom_margin=”||||false|false” custom_padding=”||||false|false”][et_pb_row _builder_version=”4.9.6″ _module_preset=”default” custom_margin=”0px|0px|0px|0px|false|false” custom_padding=”||||false|false”][et_pb_column type=”4_4″ _builder_version=”4.9.6″ _module_preset=”default”][et_pb_text _builder_version=”4.9.6″ _module_preset=”default” text_font=”Abhaya Libre||||||||” text_orientation=”justified” custom_padding=”10px|10px|10px|10px|true|true” hover_enabled=”0″ border_radii=”on|5px|5px|5px|5px” border_width_all=”7px” border_color_all=”#8AC645″ box_shadow_style=”preset2″ sticky_enabled=”0″]La crisi del M5S è irreversibile? Staremo a vedere, certo è che quello che rimane del Movimento non si connette in alcun modo alle idee e ai programmi che hanno ricevuto quasi 11 milioni di voti solo 3 anni fa. Di questa crisi ci interessa altro, perchè un merito dei 5 Stelle rimane, quello di aver recuperato alla partecipazione, alla speranza e probabilmente al voto coloro i quali erano delusi, si sentivano non rappresentati e probabilmente non votavano. E questo popolo in libertà, i milioni di persone che si sono sentite tradite e l’hanno abbandonato, cosa faranno? Occorrerebbe cercare di non buttare il bambino con l’acqua sporca, e per farlo serve capire e formulare nuove proposte.
Abbiamo raccolto qualche contributo. Il primo che pubblichiamo è del sinologo Pietro De Laurentis[/et_pb_text][/et_pb_column][/et_pb_row][et_pb_row _builder_version=”4.9.6″ _module_preset=”default” custom_margin=”|0px||0px|false|false” custom_padding=”|0px||0px|false|false”][et_pb_column type=”4_4″ _builder_version=”4.9.6″ _module_preset=”default”][et_pb_text _builder_version=”4.9.6″ _module_preset=”default” text_orientation=”justified”]
di Pietro De Laurentis.
Se nel marzo 2018 non mi fossi trovato all’estero per lavoro avrei votato 5stelle. Come tanti altri credevo, pardon, speravo, che con loro la musica sarebbe cambiata una buona volta. Già da un po’, però, sono convinto di averla scampata bella: il pensiero di aver potuto contribuire a mandare al governo chi con il “contratto” salvinista prima e le innumerevoli capriole trasformiste poi ha inflitto danni incalcolabili al Paese sarebbe stato veramente un brutto colpo.
A dire il vero già qualche mese prima delle elezioni qualche perplessità mi era venuta. A cominciare dal viaggio di Luigi Di Maio negli Stati Uniti di fine 2017 per accreditarsi presso l’amministrazione americana. Ma fu soprattutto la presentazione della famigerata squadra dei ministri (che secondo il finto-giovane capo politico avrebbe fatto “tremare i polsi” agli avversari politici) a lasciarmi a bocca aperta. Ma si sa, quando se ne sono viste troppe, gli sprovveduti non ti sembrano poi tanto sprovveduti e ti illudi che le buone e appassionate intenzioni si trasformino come per magia prima o poi in sagacia e fermezza. E invece è successo l’esatto contrario. Il naufragio a 5stelle ci offre per questo una lezione di vita formidabile: i buoni propositi, anche quelli più puri, senza un solido metodo di lavoro e il necessario coraggio per applicarlo, alla fine marciscono.
Per chi come me è ambientalista di sinistra (intendiamoci, quella sinistra da cui ci si aspetta una lotta sia agli oligopolii che agli sprechi assistenzialisti), è impossibile giustificare il disastro dei 5stelle e chi l’ha causato. Sarebbe però un errore liquidare l’enorme seguito che ha ottenuto questo movimento solo come un’immensa allucinazione collettiva. Ci sono ancora tante persone ai cui occhi il re è più nudo di prima, nonostante in troppi si siano affannati nel frattempo a riverstirlo. Le derive consumistiche e i nuovi analfabetismi che stanno dilagando un po’ dovunque nel mondo ci impongono dunque di raddrizzare il timone e definire di nuovo la rotta. Quella giusta.
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