Sul caso Mimmo Lucano e la (non) gestione politica delle migrazioni
di Fabrizio Cortesi.
La vicenda della recente pesante condanna a oltre 13 anni di carcere di Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace, inflitta dal tribunale di Locri per reati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio, oltre che far discutere in sé, pone però anche alcune riflessioni sul tema più ampio delle migrazioni.
Vari partiti, da destra a sinistra, si sono subito scatenati, ognuno con la sua versione di comodo, prevedibile e precostituita, pro o contro la condanna a Lucano, senza però mai toccare il grosso tema a monte della vicenda.
Relativamente alla visione generale sul tema migrazioni, da un lato le forze moderate di destra rappresentanti la borghesia progressista, e le forze di centro sinistra, quelle che di fatto perseguono un’accoglienza interessata, tendono a sostenere che il nostro paese “sviluppato” abbia necessità dei migranti dai paesi poveri, per lavori che qui non vuole più fare nessuno, per pagare le tasse dei nostri pensionati, assistere vecchi e famiglie, sostenere l’economia, i consumi, la denatalità. Una versione di comodo, che ha dato l’alibi a molti addirittura di lucrarci sopra, si veda il caso delle COOP e il business dei migranti. Questa visione tende a minimizzare i problemi i gli impatti che le migrazioni creano nei paesi d’arrivo e cercano di dimostrare che sono inferiori ai vantaggi che apportano.
Vi sono poi frange di politica, più a sinistra, più schiette, quelle dell’accoglienza disinteressata, etica, umanitaria e generosa, collegate anche alle ONG. A loro però sfugge che incoraggiando le migrazioni, di fatto essi rafforzano e aggravano le sofferenze e i rischi, anche di morte, che ne derivano e tutto sommato, anche il sistema economico di sfruttamento e vocato alla crescita che c’è dietro.
Andando più a destra si notano invece posizioni più nette e contrarie all’accoglienza dei migranti, facendo leva sulla mancanza di lavoro per tutti, sulle risorse sociali già limitate per gli italiani, sulla paura del calo di sicurezza, sulla paura e chiusura verso lo straniero. Tali partiti adottano posizioni sovraniste, proponendosi velleitariamente di bloccare i flussi migratori chiudendo le frontiere, erigendo muri e recinzioni, accentuando le tensioni internazionali senza capire il facile prevedibile esito finale di tali politiche.
Vi sono poi i capolavori di alcune forze politiche, di destra camuffata da altro, oggi per fortuna irrilevanti che, sulla tacita constatazione che comunque il rifiuto dell’accoglienza non riesce ad arginare le migrazioni, si sono inventate slogan del tipo “aiutiamoli a casa loro”, formula in realtà razzista di chi fa finta di non capire che i popoli nei loro paesi d’origine non avrebbero bisogno di essere aiutati, ma lasciati in pace, piuttosto liberati dallo sfruttamento e dal colonialismo che l’Occidente sta perpetrando su quei poveri territori da secoli, e che tuttora prosegue col neocolonialismo e una serie infinita di violenze, sopraffazioni, saccheggi nei loro confronti.
Perché ci sono le migrazioni? Tra le cause, complesse, vi ha giocato certamente anche la strategia del mondo Occidentale di trovare forza lavoro per il progresso e la crescita delle proprie economie, importando manodopera, nuovi consumatori, e depredando di materie prime i paesi poveri, da trasformare ed avviare anch’essi sulla via dello “sviluppo”, in modo da estendere a oltranza il modello consumistico occidentale, trasformando le loro economie locali di sussistenza, agricole, artigianali, in economie mercificate, industriali, urbane e consumistiche. Ecco il peccato originale: voler imporre al resto del mondo, prima felice e autosufficiente, un concetto di progresso erroneamente collegato al vero ben-essere dei popoli, popoli che con la loro economia di sussistenza, l’agricoltura, le risorse naturali, l’ambiente sano, avevano certamente un livello di ben-essere molto maggiore di qualunque paese “sviluppato” che di li a poco li avrebbe colonizzati. Contrapporre il concetto di paesi sviluppati con quelli sottosviluppati o in via di sviluppo è davvero un grande inganno, perché si collega il concetto di sviluppo essenzialmente al PIL, cioè al reddito, alla creazione e accrescimento continuo della ricchezza, che non è necessariamente proporzionale alla qualità della vita e alla felicità dei popoli.
La globalizzazione ha poi spinto al culmine questa deriva nei paesi poveri, con le delocalizzazioni e lo sfruttamento delle risorse locali da parte dei paesi ricchi, che hanno destabilizzato quei paesi per riuscire a sfruttarli meglio, fomentando addirittura guerre civili ed etniche per indebolirli, e impiantandovi governi fantoccio, corrotti e proni ai loro interessi.
Questo sistema ha invero reso i paesi ricchi sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri.
Questi sconvolgimenti, uniti all’intensificarsi della crisi climatica e ambientale, innescata proprio dallo stesso sistema capitalistico occidentale, hanno così costretto milioni di individui a emigrare verso i paesi industrializzati, non potendo più vivere nei loro luoghi d’origine, divenuti inospitali, poveri, inquinati.
É quindi lo sfruttamento senza limiti di risorse naturali e sociali tipiche del capitalismo e della visione neoliberista, la causa primaria delle migrazioni.
Quale sarebbe quindi una politica di vero aiuto ai migranti?
In realtà la chiave sarebbe uscire dalla logica emergenziale tipica di chi non vuole o non sa risolvere i problemi alla fonte, e si concentra sulla loro manifestazione acuta, talvolta speculandoci su, a fini economici o elettorali.
Sarà quindi indispensabile, oltre che impegnarsi a favorire l’inserimento sociale e lavorativo nel nostro paese per chi è davvero costretto a fuggire, al contempo scoraggiare l’emigrazione, facendo l’interesse degli stessi paesi poveri, riducendo in quei luoghi le iniquità che costringono i loro popoli proprio ad emigrare: iniquità ingenerate dal nostro sistema economico basato sulla continua crescita economica e di produzione di merci, che andrebbe quindi cambiato.
Se ponessimo fine alla politica della crescita infinita, efficientando allo stesso tempo i processi produttivi e di trasformazione, il riciclo, se riducessimo gli sprechi, consumeremmo meno materie prime, meno risorse naturali, impatteremmo molto meno il clima e l’ambiente, e quindi lasceremmo più ricchezza, risorse e opportunità nei paesi che finora abbiamo depredato e devastato per il nostro presunto progresso: ridurremmo insomma le cause primarie delle migrazioni, aiutando davvero le popolazioni a riprendere in mano la propria vita nei loro paesi, da quali difficilmente si distaccherebbero se avessero possibilità di vita dignitose.
I paesi ricchi risparmierebbero anche risorse e tecnologia per aiutare i paesi poveri a ripristinare le loro condizioni iniziali di benessere, ambientali, sociali, rendendo conveniente e dignitoso restarvi o tornarvi dai paesi “sviluppati”, come risarcimento etico per i danni arrecati nei decenni precedenti.
Al tempo stesso, i paesi sviluppati gioverebbero delle mancate migrazioni, e addirittura di un flusso di ritorno inverso ai paesi d’origine, in termini di mancati costi di gestione dei flussi, di mantenimento, costi sociali evitati, mancati costi delle illegalità fisiologicamente presenti nelle zone d’ombra dell’immigrazione, i mancati controlli necessari a garantire la sicurezza sociale.
Massima accoglienza, sempre nel rispetto delle regole, andrebbe però sempre garantita a tutti coloro che ormai devono fuggire dalle loro terre per via dei cambiamenti climatici irreversibili, devastati dalle guerre, privati dei terreni a causa del land grabbing.
Ovviamente tali politiche non possono essere attuate da una sola nazione, ma di concerto a livello internazionale.
Se però non si cercherà di risolvere il problema migrazione con politiche di vero aiuto in loco, ma partendo da un cambio drastico dei sistemi e finalità economiche globali e in casa nostra, riducendoci a chiuderci nella difesa degli interessi nazionali ed erigendo muri, i problemi posti dalle migrazioni ci travolgeranno tutti come uno tsunami.