Sul neo ministero dell’agricoltura e “sovranità alimentare”

E’ indubbio che ormai da diversi anni, almeno da quando si sono manifestati evidenti sintomi di attrito e instabilità sul fronte delle collaborazioni economiche internazionali tra il blocco occidentale-USA e quello orientale (soprattutto la Cina, anche in termini di dazi) e ora anche con la Russia, i problemi sulle catene di approvigionamento globalizzate, vi sia la tendenza da parte di Europa e USA di perseguire politiche di sovranità, ossia indipendenza anche geopolitica, in diversi settori, tra cui certamente il tecnologico-digitale e l’alimentare.

Non stupisce perciò trovare il termine “sovranità”nel nome del nuovo ministero agricolo, trovo anzi abbia molto senso e coerenza.

Tutto sta a vedere semmai come tale sovranità sarà intesa e interpretata dal neo ministro F. Lollobrigida.

L’auspicio è però quello che il termine sovranità sia accompagnato da una riforma generale e radicale dell’agricoltura italiana, per farla discostare dal modello finora prevalente basato su sussidi all’intensivo, per dare davvero spazio a modelli su più piccola scala, famigliari, diffusi, naturali, legati a filiere corte, alla rigenerazione dei paesaggi e agro-ecologia, allo sviluppo della biodiversità. Tutte tematiche in parte discusse anche a livello di Comunità Europea ma poi in buona parte disattese nei fatti quando si è passati ad emanare pacchetti legislativi come il PAC, che riserva tuttora la maggior parte dei finanziamenti ai modelli agricoli e zootecnici intensivi.

Trovo davvero assurdo oggi andare al supermercato e trovare in prevalenza prodotti, di scarsissima qualità, provenienti da Spagna, Sud America, tutta roba che potrebbe produrre benissimo l’Italia, creando anche occupazione e formazione utile.

L’Italia è anche il maggior importatore di carne Brasiliana, rendendo quindi complice il nostro paese della devastazione della foresta amazzonica. Per la carne, in verità, più che produrcela tutta in casa, occorrerebbe proprio tendere alla riduzione drastica dei consumi, dati gli enormi impatti etici e ambientali del settore zootecnico, davvero insostenibile sotto ogni aspetto.

E il grano da Ucraina e Canada, quando il nostro paese e il centro sud (Puglia, Sicilia) erano definiti fino a prima della Guerra “il granaio d’Europa”?

Ecco allora che intesa così, la sovranità alimentare è qualcosa di davvero logico e da perseguire, se finalizzato sia alla sostenibilità ambientale dei prodotti e delle attività, alla garanzia di salubrità, ma anche alla resilienza rispetto a catene di fornitura globalizzate che non hanno nessun senso e sono palesemente insostenibili.

Se usciremo dalla logica puramente mercificatoria di qualcosa che dovrebbe essere un diritto di base per tutti, ossia un cibo disponibile e sano per tutti, non guardando essenzialmente a dinamiche commerciali, di profitto e di inport/export tra nazioni, allora la direzione potrebbe essere quella giusta.

Questo non significa dover chiudere alle esportazioni e importazioni, ma almeno limitarle solo a ciò che davvero non può essere prodotto in Italia, rilanciando e riconfigurando il nostro sistema economico nazionale, che certamente gioverebbe da un rafforzamento e a un ritorno a modelli agricoli davvero sostenibili e diffusi nei territori, almeno laddove il suolo non è stato completamente ricoperto e perso per sempre a causa della devastante cementificazione degli ultimi decenni, oppure reso sterile da pratiche agricole intensive, fossili, predatorie, che andrebbero assolutamente abbandonate al più presto.

Auguri perciò al nuovo ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare.

Fabrizio Cortesi, associato SEquS e membro del direttivo nazionale.

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