UN ALLEVAMENTO INTENSIVO DI 5000 MAIALI E 23 ETTARI DI SUOLO AGRICOLO AD AMAZON: È QUESTA LA SOSTENIBILITÀ?

I FATTI
Nel territorio del comune di Roncade si sta consumando l’ennesimo episodio di “suolicidio”: la terra fertile verrà privata della sua capacità di fornire servizi ecosistemici, climatici ed economici su una superficie pari a 23 ettari per la costruzione di un Polo Amazon e su una superficie pari a 23500 metri quadri per l’ampliamento di un allevamento intensivo di maiali. Questo angolo di Veneto, un tempo prevalentemente agricolo, diventerà un’area “iper-urbanizzata”, una “estesa megalopoli padana” dove merci e persone si sposteranno compulsivamente all’interno di un grigio e climalterante labirinto di strade e di capannoni. In quest’area è previsto anche l’ampliamento di un allevamento intensivo di maiali con le relative emissioni di particolato secondario (polveri sottili pm2,5). Con queste scelte aberranti nell’uso della terra fertile non solo verrà meno la possibilità del suolo naturale di mitigare la causa e gli effetti dei cambiamenti climatici, ma ci sarà addirittura un aumento della presenza in atmosfera dei gas climalteranti, sia per il congestionamento urbanistico, sia per l’aumento delle emissioni di gas serra prodotte da un ampliamento di un allevamento intensivo da 1276 a 5000 maiali. Inoltre, questo sterminio e cattivo uso dei campi non verrà considerato consumo di suolo da una legge regionale sul suolo “multi-deroghe”, a mio avviso incostituzionale in base agli articoli 9, 41,42 della Costituzione, i cui effetti sono documentati, per quanto riguarda il Veneto, dagli ultimi 5 rapporti annuali dell’ISPRA.
DANNI ED EFFETTI COLLATERALI PER LA SALUTE, L’AMBIENTE, IL PIANETA
Non arrestare con estrema urgenza il consumo di terra fertile e non investire sul “riuso funzionale” del già edificato significa essere corresponsabili della mancata mitigazione degli “effetti dei cambiamenti climatici” e della “perdita di sovranità alimentare”. Alla “perdita” di “servizi ecosistemici” e all’aumento di emissioni di “gas serra” daranno il loro contributo i 23 ettari del Polo Amazon e l’ampliamento dell’ allevamento intensivo di Roncade. Nel 2018 uno studio di Greenpeace, condotto in collaborazione con Ispra, ha confermato come in Italia gli allevamenti intensivi sono la seconda causa dell’emissione di “particolato secondario” (pm 2,5), dovuta allo spandimento dei reflui zootecnici che producono ammoniaca che liberata in atmosfera si combina con altre componenti generando “polveri sottili”. Poi ci sono gli “effetti collaterali”. Nel caso dell’allevamento intensivo si produce l’effetto di aumentare il rischio del fenomeno dell’antibiotico resistenza e del “salto di specie”, come accaduto con l’influenza aviaria del 2003 e l’influenza “suina” del 2009. Nel caso di Amazon, a fronte di un discutibile e precario aumento occupazionale, l’effetto collaterale consiste nella perdita di posti di lavoro locali con l’indebolimento del “tessuto produttivo e commerciale locale” fagocitato dall’import massiccio di beni provenienti dall’estero.
È DEMOCRATICO QUESTO SVILUPPO DEFINITO “SOSTENIBILE”?
In piena crisi climatica è democratico aumentare le emissioni in atmosfera dei gas serra, autorizzando l’ampliamento della porcilaia, considerato che nello studio del 2018 di Greenpeace gli allevamenti intensivi erano responsabili del 17% delle emissioni di polveri sottili?
In piena crisi climatica è democratico consumare 23 ettari di suolo agricolo per autorizzare la nascita di un polo Amazon con tutto il corollario di strade, rotonde, taglio di alberi, tombinamento di fossi e il conseguente aumento del traffico stradale, responsabile, sempre in quello studio del 2018, del 14% delle emissioni di polveri sottili?
Chi decide che non ci siano gravi e perenni ricadute di queste due opere private, insediate su un “bene comune non rinnovabile” come il “suolo”, sponsorizzate da sindaci e amministratori pubblici regionali e locali e da una comunicazione mediatica mainstream? Non credo che in questa imperfetta forma di democrazia rappresentativa i cittadini siano veramente informati e messi nella condizione di decidere con consapevolezza sulle conseguenze dell’ insediamento di queste due opere: sull’atmosfera, sul suolo e sottosuolo, sulle falde, sulla vegetazione, sulla salute pubblica, sulla viabilità, sulle varie forme di inquinamento, sul paesaggio, sul clima. A decidere sono il mercato e una politica asservita al mercato che non lasciano crescere l’erba sul campo delle “alternative” al “consumo di suolo” e agli “allevamenti intensivi”.
Le “valutazioni di impatto ambientale” superate positivamente in modo così rapido e accomodante sono il frutto di un reale processo democratico?
Schiavon Dante, Associato SEquS