UN BLACKOUT COGNITIVO
di Dante Schiavon.
Un amico di FB, commentando alcune riflessioni sull’abuso istituzionale del consumo di suolo, osservava: “sono cose talmente evidenti da passare inosservate”. È vero. Prendiamo alcuni dati del Rapporto Ispra 2021. Quello della copertura artificiale del suolo in Europa, in Italia, in Veneto.
La media europea della copertura artificiale del suolo è del 4,2%, in Italia è del 7,11%: quasi il doppio.
In Veneto la copertura artificiale del suolo è del 11,87% (18% se si escludono le montagne e i corpi idrici): quasi il triplo della media europea.
In Veneto nel periodo 2019-2020 sono stati consumati 3,72 metri quadrati per ettaro, in Italia 1,72 metri quadrati per ettaro: più del doppio della media nazionale.
Il Veneto è la regione che ha consumato più suolo agricolo per esigenze logistiche nel periodo 2017-2019.
Il Veneto ha il primato come regione che a causa del consumo di suolo dal 2012 al 2020 ha perduto la possibilità di sequestrare e stoccare più di 400.000 tonnellate di carbonio.
Il Veneto ha il primato come regione in cui il suolo artificiale ha mangiato suolo agricolo per 1936 ettari nel periodo 2012-2020.
Se passiamo poi alla materializzazione visiva, percettiva, sensoriale di questi dati statistici, constatiamo il brutale “sterminio dei prati” in campagna, nelle aree periurbane e urbane che continua inarrestabile, incentivato e per niente contenuto da una “legge regionale fuffa” che, in maniera sfrontata e cinica, ha istituzionalizzato il “consumo di suolo in deroga”. Come cittadini veneti è impossibile non vedere, non percepire, non essere scossi, indignati, turbati dalla dilapidazione diffusa di tale risorsa naturale.
Parliamo di una “legge regionale fuffa” contenente un lunghissimo elenco di 17 deroghe “consumo di suolo free”, istituzionalizzate, legittimate.
Parliamo, ad esempio, della deroga del “piano casa”, in base alla quale il suolo occupato dalla “rigenerazione condominiale” in larghezza ed in altezza di singole abitazioni nei centri urbani collassati dalle cause e dagli effetti dei cambiamenti climatici non viene considerato consumo di suolo.
Parliamo, ad esempio, di poli logistici, supermercati, strade, opere pubbliche varie, cave, zone produttive e commerciali, ecc., “opere (s)considerate di pubblica utilità” da regione e comuni che, oltre a devastare habitat, peggiorare le condizioni ambientali, climatiche e sanitarie delle città e delle campagne, non vengono conteggiate come suolo consumato.
Un continuo proliferare di “nuove abitazioni” nonostante un notevole calo demografico e ridondanti “opere (s)considerate di pubblico interesse”: un’alluvione inarrestabile di cemento e asfalto che sconvolge equilibri ecologici e climatici e vanifica il senso e lo scopo dell’ennesimo Rapporto Ispra. Quando, a fronte di così tanti abusi nello scialacquare una risorsa non rinnovabile rivenienti dai “dati statistici” di un organismo scientifico indipendente e dalla “realtà” dei luoghi che abitiamo, non riusciamo a innescare una “riflessione ontologica” sul valore del suolo, sulla sua “funzionale essenzialità ecosistemica”, significa che abbiamo un problema.
Quando siamo indifferenti a un’emergenza ambientale tutta italiana e alla mancanza di una legge nazionale rigorosa che imponga uno stop immediato a nuovo consumo di suolo significa che abbiamo un problema.
Quando, specie in Veneto, non riusciamo ad uscire da un “letargo intellettuale” sulla urgente necessità di porre uno “stop rigoroso” a nuovo consumo di suolo, tale da costringere amministratori pubblici, categorie produttive, architetti, professionisti a “creare” un nuovo modo di produrre, di (ri)costruire, di infrastrutturare, di consumare, di lavorare, di fare economia, significa che abbiamo un problema.
Quando crediamo che in Veneto i nuovi poli logistici, i nuovi supermercati, le nuove lottizzazioni, le nuove infrastrutture, le nuove artificializzazioni del suolo si materializzino per un volere soprannaturale, per una fatalità, per un influenza astrale e non riusciamo a stabilire una connessione logica e razionale “causa-effetto” con una “legge regionale fuffa” sul suolo, che autorizza tali scempi attraverso 17 deroghe, significa che abbiamo un problema. Vuol dire che è in atto sul consumo di suolo, “clinicamente” parlando, un “blackout cognitivo”, una “rimozione cognitiva collettiva”, un fenomeno antropologico e sociale, forse da ricondurre, oltre all’immorale sfruttamento di una risorsa non rinnovabile da parte del ceto politico-economico-finanziario, al bombardamento emozionale e passivizzante di migliaia di immagini e notizie cui siamo sottoposti nell’epoca dei social-media. Un bombardamento emozionale di immagini e notizie che annulla la “percezione della realtà” e la consuma, bloccando lo sviluppo razionale di un pensiero proattivo.
È un blackout cognitivo, istituzionale, dell’intera società civile che ci impedisce di vedere la “poliedrica trasversalità ecologica” del suolo nel far fronte alla catastrofe climatica e alle emergenze planetarie che incombono sull’intera umanità e l’urgenza di difenderlo da quei “mercanti nel tempio della buona politica” che usano il loro potere contro le future generazioni.
È un blackout cognitivo che ci impedisce di fare valutazioni politiche estremamente critiche, nel segno della discontinuità, su come viene governato e amministrato il territorio veneto e di stabilire delle ovvie relazioni “causa-effetto”. L’esempio del progettato Polo Logistico di Amazon a Casale sul Sile assolve pienamente alla funzione didascalica cui affido queste riflessioni. La “legge-quadro consuma suolo” della Regione Veneto stabilisce che il comune di Casale sul Sile possa consumare (deroghe escluse) 8,7 ettari da qui al 2050. La stessa “legge-quadro consuma suolo” stabilisce che non venga conteggiato il consumo di suolo per le “opere (s)considerate di pubblica utilità”: nel caso del Polo Logistico di Amazon i 50 ettari in “zona a rischio idraulico” situata nel Parco del Sile. Il risultato, in presenza di una legge che dovrebbe contenere il consumo di suolo, è uno scempio ambientale “consumo di suolo-free” con un saldo negativo di 41,3 ettari di suolo consumato. Il discorso può valere per ciascuna delle 17 deroghe previste dalla legge. Ecco perché alla lotta contro i singoli effetti della legge regionale veneta (piano casa e ambiti di urbanizzazione consolidata, rigenerazioni urbane, cave, infrastrutture, ecc.) va affiancata contestualmente la lotta e la mobilitazione contro una legge regionale, a mio avviso, “incostituzionale”.
Una “legge-quadro consuma suolo” impugnabile perché, attraverso lo spreco sconsiderato di una risorsa non rinnovabile, discendente dalla competenza regionale del “governo del territorio, altera lo “stato dell’ambiente”, materia di competenza dello Stato. Gli attacchi all’ambiente veneto e gli innumerevoli casi di nuovo consumo di suolo non avvengono per caso: sono gli effetti della sottocultura dei “skei”. In particolare, e in modo preponderante, sono gli effetti di una “legge fuffa sul consumo di suolo” che costituisce una normativa quadro di riferimento (ritenuta tale, ahimè, anche dalle opposizioni in regione) che sta influenzando negativamente, a cascata, diverse successive normative urbanistiche impattanti sull’ambiente. È lì che dobbiamo puntare la nostra attenzione e rivolgere le nostre energie nel mentre solleviamo, giustamente, la nostra critica ai singoli effetti della legge multi-deroghe: piano casa, nuovi supermercati, nuove strade, opere pubbliche, poli logistici e commerciali, ecc.
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrire. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.” (Da Leonia di Italo Calvino).